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1Sentenza T.A.R. Emilia Romagna su eolico in Appennino: annullate VIA positiva e autorizzazione unica ex DLgs 387/2003, applicabilità art. 142 comma I lett. d) DLgs 42/2004, aree contermini ai sensi dall'art. 152 DLgs cit. e art.14.9 DM 10/09/2010 "Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti non rinnovabili”. Note introduttive e sentenza.
2E' stata scongiurata per via giudiziale l'edificazione dell'impianto industriale eolico della Biancarda progettato per essere inserito in un contesto paesaggistico, naturalistico e storico testimoniale di assoluto rilievo dell'alto Appennino Cesenate.
Questa vicenda è esemplificativa di tante altre che si sono verificate e si vanno verificando lungo tutta la catena appenninica: la cronica penuria di vento che contraddistingue lo stivale spinge le industrie che operano nel settore eolico a proporre impianti di proporzioni sempre maggiori ad altitudini sempre più elevate risalendo i versanti delle montagne fino ai crinali e a ridosso delle cime.
Nella fattispecie di cui si è occupato recentemente il T.A.R. Emilia Romagna, la Provincia di Forlì Cesena aveva espresso la VIA positiva - con conseguente rilascio dell'autorizzazione unica di legge - con riferimento ad un parco eolico che prevedeva n.13 aerogeneratori di 128 mt. (80 al mozzo) le cui fondazioni erano progettate ad un'altitudine media sul livello del mare di 1160 mt.. In particolare, per tre basamenti, si prevedeva la loro collocazione appena al di sotto dei 1200 mt. che - come è noto - costituisce la soglia al di sopra della quale opera il vincolo paesaggistico di inedificabilità in Appennino (art. 142 c.I° lett. d) DLgs 42/2004).
La collocazione delle torri sulle tavole orografiche al di sotto della curva di livello dei 1200 era bastata alla competente Soprintendenza per escludere la vigenza del vincolo montano (art. 142 cit.), circostanza che aveva aperto la strada alla VIA positiva.
Italia Nostra e WWF Italia hanno rappresentato al Tribunale Amministrativo la strumentalità e la sostanziale erroneità di questa lettura della norma, secondo la quale - banalizzando - si potrebbe benissimo opinare la violazione del vincolo per la realizzazione di un modesto annesso agricolo a 1200 mt., ma non per l'edificazione di un aerogeneratore a 1190 mt. malgrado, con i suoi quasi 130 mt. di altezza, svetti ben al di sopra della soglia di legge e della maggioranza delle creste appenniniche.
L'estensore della sentenza ha colto esattamente questo punto avvalorando un'interpretazione della norma secondo canoni di logica e coerenza sia in rapporto ai suoi specifici fini di tutela del paesaggio montano con ciò che segnatamente lo caratterizza e cioè le cime e non solo il suolo; sia in rapporto al concetto di paesaggio secondo l'ormai pacifica e consolidata accezione di contesto d'insieme che comprende, oltre al resto, anche e soprattutto la "visuale" come percepibile da qualsiasi punto d'osservazione (da e verso); sia in rapporto alla necessità di attualizzare la lettura della norma giacché questa si origina in anni in cui non era ancora ipotizzabile dal legislatore una tecnologia quale quella eolica da realizzare in alta montagna.
L'analitico, quasi appassionato, argomentare del T.A.R. Emilia Romagna sul punto specifico - la cui lettura si raccomanda - ha il pregio dell'unicità, in quanto, almeno al momento in cui è stata depositata la sentenza (marzo 2013), non risultavano precedenti giurisprudenziali di sorta.
La sentenza, peraltro, accoglie anche la tesi delle associazioni ricorrenti volta far constatare che l'impianto impattava comunque anche altri vincoli che insistono sul territorio circostante e, in specifico, il vincolo ex art 136 lett. d) DLgs 42/2004 che copre la vicina area del Massiccio del Monte Fumaiolo; ciò per via indiretta in applicazione del meccanismo di verifica delle «interferenze paesaggistiche degli impianti eolici sulle c.d. aree contermini» in applicazione dell’art. 14.9 lettera c) DM 10/09/2010 "Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti non rinnovabili” e dell'art. 152 DLgs 42/2004.

3
N. 00225/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01221/2011 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
newha pronunciato la presente
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SENTENZA
newsul ricorso numero di registro generale 1221 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Associazioni Wwf Italia Ong Onlus e Italia Nostra Onlus rappresentate e difese dagli avv. Paolo Donati, Piergiorgio Donati, con domicilio eletto presso Paolo Donati in Bologna, via Caprarie 7;
contro
Provincia di Forlì- Cesena, rappresentato e difeso dall'avv. Giampaolo Dacci, con domicilio eletto presso Guido Mascioli in Bologna, via Santo Stefano 30; Comune di Verghereto, rappresentato e difeso dall'avv. Loriano Maccari, con domicilio eletto presso Maria Anna Alberti in Bologna, p.zza S. Francesco 2; Comune di Sarsina, Comunità Montana dell'Appennino Cesenate, Azienda U.S.L. di Cesena, Arpa Agenzia Regionale Protezione Ambiente, Soprintendenza Per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna, Servizio Tecnico Bacini Romagnoli - Regione Emilia Romagna; Soprintendenza Per i Beni Architettonici e Per il Paesaggio di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena e Rimini, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr.le Dello Stato, domiciliata in Bologna, via Guido Reni 4;
nei confronti di
Ditta Biancarda S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Mario Bucello, Simona Viola, Giuseppe Broccoli, Alessandro Martini, con domicilio eletto presso Alessandro Martini in Bologna, via Dè Marchi, 4/2; Ditta In Vento S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Mario Bucello, Alessandro Martini, Simona Viola, Giuseppe Broccoli, con domicilio eletto presso Alessandro Martini in Bologna, via Dè Marchi, 4/2;
per l'annullamento
della delibera della Giunta Provinciale dell'Amministrazione Provinciale di Forlì e Cesena n.126 del 22.03.2011 prot.gen.n.29357/2011 "procedura di valutazione di impatto ambientale (via) relativa al progetto di realizzazione del parco eolico Biancarda, in Comune di Verghereto e Sarsina, presentato da Biancarda srl e In Vento Srl, pubblicata sul bollettino Ufficiale dell'Emilia-Romagna;
nonché di tutti gli atti connessi e presupposti
previa sospensiva (motivi aggiunti)
-della delibera della Giunta Provinciale dell'Amministrazione Provinciale di Forlì e Cesena n.121 del 27.03.2012 prot.gen.30737/2011 "decisione in merito alla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) relativa al progetto di realizzazione del parco eolico Biancarda, in comune di Verghereto e Sarsina, presentata da Biancarda srl e in Vento srl Adeguamento al provvedimento del TAR Emilia Romagna registro generale n.997/2011 depositata in data 16.12.2011";
-di ogni altro atto presupposto collegato.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Forlì - Cesena e di Comune di Verghereto e di Soprintendenza Per i Beni Architettonici e Per il Paesaggio di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena e Rimini e di Ditta Biancarda S.r.l. e di Ditta in Vento S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2012 il dott. Alberto Pasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

(omissis)

DIRITTO
Il ricorso originario è improcedibile perché gli atti con esso impugnati sono ormai integralmente, e definitivamente, sostituiti da quelli, egualmente non satisfattivi per le ricorrenti in quanto confermativi (previo motivato riesame) della v.i.a. positiva, posti in essere in ottemperanza alla misura cautelare.
Su questi ultimi si concentra quindi l’interesse alla decisione.
Sulle caratteristiche, la consistenza, le dimensioni, la localizzazione e il posizionamento del progetto, delle singole torri, e dell’elettrodotto di collegamento alla rete di distribuzione, non vi è contestazione tra le parti. Sul punto è quindi pacifica in fatto la comune ricostruzione, cui si rinvia.
Al di là della enfatizzazione che tutte le parti fanno del rispettivo interesse (energetico e ambientale) pretendendone la prevalenza, le modalità della loro composizione sono normativamente regolate (anche con specifico riguardo agli impianti eolici) dal D.Lgs. 42/04 e dal D.M. 10.09.2010, recante le “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fatti rinnovabili”, il cui allegato 3 reca i “Criteri per l’individuazione di aree non idonee”.
La controversia introdotta con il primo motivo verte sostanzialmente sulla interpretazione dell’art. 142, 1° comma, lett d) del Codice Ambiente: «sono comunque sottoposti alle disposizioni di questo titolo per il loro interesse paesaggistico: …..d) le montagne per la parte eccedente 1600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole».
Da essa dipende il giudizio sulla esattezza o meno del presupposto assunto dalla Soprintendenza a fondamento del suo parere favorevole, e cioè che il progettato parco eolico, ed anzi nessuno dei 13 aerogeneratori previsti, ricadrebbe in area vincolata ex art.142, 1°c. lett d) del Codice ambiente (D.Lgs 42/04). Tali aree tutelate, in cui ogni intervento è soggetto a previa valutazione di compatibilità paesaggistica ex art. 146 D.Lgs. 42/04, sono vieppiù indicate, dall’allegato 3 (punto f) alle menzionate linee guida ex D.M. 10.09.2010, tra i siti preferenzialmente non idonei alla localizzazione di impianti di così rilevante impatto ambientale come quelli eolici.
Per cui la esatta rappresentazione delle caratteristiche normative dell’area (vincolata o no), da parte delle amministrazioni competenti alla valutazione dell’impatto, è a maggior ragione essenziale ai fini della legittimità della valutazione stessa.
Le ricorrenti censurano la presa d’atto della nuova collocazione di tutte le 13 turbine all’esterno del vincolo paesaggistico altimetrico (che interessa le aree di altitudine superiore ai 1200 mt. s.l.m.).
Le esponenti contrappongono a tale constatazione una diversa concezione del vincolo, secondo cui, pur essendo incontestato che tutti i basamenti delle turbine sono collocati ad un’altitudine inferiore a 1200 mt s.l.m., il loro sviluppo in altezza comporterebbe una parziale “invasione” visiva dello spazio sovrastante.
Esse rilevano, incontestatamente, che le torri si ergeranno fino ad avvicinarsi o addirittura a superare in altezza la vette più significative del crinale (Monte Comero mt. 1371, Monte Castelvecchio mt. 1254, Poggio Biancarda mt. 1219), di fatto incidendo sulle visuali paesaggistiche più significative anche da distanze maggiori rispetto a quelle da cui è usuale l’osservazione di questo paesaggio appenninico.
La Provincia riconosce che l’elemento di novità, dal punto di vista progettuale, del lay out oggetto della presente valutazione, è dato dal fatto che tutte e 13 le pale dell’impianto eolico non ricadono all’interno di aree sottoposte a vincolo paesaggistico, ex art. 142, lett. d) del D. Lgs. 42/04 e s.m.i., per cui la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici non ha reso un parere finalizzato all’ottenimento dell’autorizzazione paesaggistica relativamente a tale aspetto.
Le resistenti propugnano cioè una stretta e letterale interpretazione, secondo la quale oggetto della tutela sono soltanto “le montagne” (e non le visuali oltre i 1200 metri s.l.m.), per cui il limite dei 1200 metri andrebbe riferito esclusivamente alla quota altimetrica del suolo.
Se effettivamente fosse esatta questa accezione, basterebbe posizionare tutti i basamenti delle torri anche pochi metri al di sotto dei 1200 per non invadere l’area tutelata, ed esonerare così l’intervento dalla valutazione di compatibilità con il vincolo ex art 142 d) del Codice ambiente.
Tuttavia, tale interpretazione palesa tutta la sia illogicità se solo si considerano le aberranti conseguenze cui essa conduce: mentre sarebbe sottoposto a previa valutazione l’impatto di un fienile a metri 1201 s.l.m., non lo sarebbe la costruzione di un condominio o di un grattacielo a quota 1199 s.l.m..
D’altronde, anche se oggetto della tutela sono “le montagne” (che ben possono essere intese, tuttavia, nel senso di ambiente montano), anche sotto il profilo letterale la norma è assolutamente esplicita nell’individuare la sua finalità nella tutela del paesaggio, affermando che i beni indicati, e quindi le montagne, «sono sottoposti alle disposizioni di questo titolo per il loro interesse paesaggistico», vale a dire in quanto formano o concorrono a formare un paesaggio di pregio.
Se la finalità della tutela è la preservazione del paesaggio montano, lo spazio tutelato non può essere limitato al suolo.
Una diversa interpretazione, che riferisca il limite dei 1200 metri s.l.m. al colmo delle costruzioni da edificare, oltre ad essere meglio supportata dalla lettura testuale della norma nella sua interezza, già sarebbe in grado di evitare le irragionevoli conseguenze applicative sopra descritte, e di meglio corrispondere a un criterio interpretativo finalistico – teleologico.
La norma risale a tempi largamente precedenti l’approvazione delle linee – guida per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (D.M. 10.9.2010), nei quali, pur essendo già disponibile una tecnologia di così rilevanti dimensioni, non era verosimilmente prevedibile e attuale la sua realizzazione su crinali montuosi.
Essa si pone a presidio della parte più caratterizzante e preziosa del paesaggio montano – le cime - per preservarlo da interventi idonei ad alternarne in modo significativo il profilo e la visuale a partire dai 1200 metri di altitudine s.l.m..
E’ di palmare evidenza che l’allontanamento di pochi metri (sia in altitudine che in linea d’aria orizzontale) dalla linea altimetrica dei 1200 metri s.l.m. (e nella fattispecie dalla sommità del crinale a 1219 metri s.l.m.) non può in alcun modo evitare l’interferenza visiva con la visuale della montagna oltre quota 1200 (cioè quella godibile da e verso le posizioni poste su tale linea altimetrica ed oltre), ove il colmo delle vicinissime costruzioni superi di gran lunga quota 1200 rientrando quasi interamente in tale visuale protetta (ma anche quando non la raggiunga ma soltanto vi si avvicini).
Viceversa, l’interpretazione sostenuta dai resistenti non è compatibile con la finalità di protezione del paesaggio montano oltre quota 1200 s.l.m., che deve essere preservato da tutti gli interventi eccessivamente impattanti su di esso, a prescindere dal livello altimetrico delle fondazioni, sotto alcun profilo considerato dalla norma vincolistica, la quale, da un lato, ha per oggetto, come visto, il paesaggio e non il suolo,e, dall’altro, definisce i limiti geografico spaziali della tutela con esclusivo riguardo a tale oggetto, e non con riguardo alle caratteristiche (anche localizzative) degli interventi di cui prescrive la previa valutazione, le quali non vengono affatto prese in considerazione ai fini della delimitazione delle aree protette.
Perciò, in definitiva, anche se la lettera d) dell’art. 142 citato si riferisce a “le montagne”, ed anche se l’espressione va intesa come riferimento al suolo, cioè a tutte le posizioni del versante e della cima che si trovano oltre la linea altimetrica dei 1200 metri, l’oggetto della tutela è inequivocabilmente il paesaggio visibile da quelle posizioni e verso quelle posizioni, in cui entrano (nella fattispecie in modo assai rilevante per la loro mole e altezza) anche tutte le vicine costruzioni fondanti a quota inferiore ma svettanti a quota superiore, o comunque significativamente visibili sia verso l’alto che verso il basso), a meno che non siano abbastanza lontane da fuoriuscire dalla visuale significativamente percepibile da quelle posizioni e verso quelle posizioni.
Perciò, il punto dirimente tra sottoposizione o meno a tutela ex art. 142, comma1, lett d) del Codice ambiente non è la quota altimetrica della base del manufatto (o del colmo dello stesso), ma la quota altimetrica del punto di osservazione (sopra o sotto i 1200 metri s.l.m.), cioè della posizione la cui visuale (da e verso altri luoghi) deve (o meno) essere preservata dalle interferenze visive che l’amministrazione preposta valuti incompatibili con le esigenze (paesaggistiche) di sua conservazione.
Tanto premesso, tale lettura dell’art. 142, comma 1, lett d) del Codice ambiente è, ad avviso del Collegio, l’unica compatibile con criteri di interpretazione letterale, logico - sistematica e teleologica delle norme di legge, e con la definizione del paesaggio come bene d’insieme recata dall’art. 131 del Codice ambiente.
Se la montagna per la parte eccedente i 1200 metri s.l.m. è sottoposta “alle disposizioni di questo titolo” (cfr. art. 142 Codice ambiente) per il suo “interesse paesaggistico” (non soltanto, ad esempio, geologico, idrogeologico o floristico), ciò significa che lo è in quanto paesaggio (secondo la definizione di contesto d’insieme che ne danno l’art. 131 del Codice ambiente e la pacifica giurisprudenza - es. T.A.R. Lazio Roma II quater 21.1.11 n. 686 e Corte cost. n.94/85, n. 359/85, n. 151/86 – amministrativa e costituzionale), che comprende non soltanto il suolo, il sottosuolo, l’habitat, … ma anche, e forse anzitutto, la sua visuale come percepibile da qualsiasi (non soltanto da sopra ma, evidentemente anche da sotto quota 1200) punto di osservazione, nonché le visuali godibili da ogni punto della montagna sito oltre tale quota.
Se oggetto della tutela “ex lege” è anche la visuale della montagna, e dalla montagna, vi rientrano i coni visuali che da qualsiasi punto di osservazione ricomprendano versanti e cime oltre quota 1200 metri; nonché le visuali godibili, verso il basso e verso l’alto, da tutte le linee altimetriche superiori a tale quota; tutti gli interventi che interferiscano in tali visuali, cioè la cui percezione visiva sia in esse ricompresa, sono soggetti alla previa valutazione paesaggistica per verificarne la compatibilità dell’impatto visivo.
Se le montagne oltre quota 1200 mt s.l.m. costituiscono paesaggio, meritevole di tutela ex art. 142/1° c. lett. d) D.Lgs. 42/04, come tali devono essere protette non solo dalle trasformazioni del loro proprio territorio interno al perimetro della linea altimetrica dei 1200 m s.l.m. in quanto posto al di sopra di essa, ma anche dalle interferenze visive che ne pregiudichino la bellezza panoramica, percepibile dai punti di osservazione inferiori ed esterni al perimetro stesso, inserendosi nel cono visuale che da essi si diparte ed alterandone in modo significativo il contesto visivo da essi percepibile. Egualmente deve essere protetta la visuale percepibile, verso valle e verso monte, dai versanti (e dalle cime) oltre quota 1200, perché anche il panorama godibile da tali privilegiate posizioni è parte del bene paesaggistico costituito dalla montagna oltre 1200 mt s.l.m, che è tale – secondo la definizione di bene d’insieme che del paesaggio reca l’art. 131 D.Lgs. 42/04 – sia per la sua bellezza intrinseca come oggetto di visuale che, per il panorama che offre all’intorno, come punto privilegiato di osservazione del medesimo.
Del resto, se le bellezze panoramiche suscettibili della dichiarazione di notevole interesse pubblico, ai sensi degli articoli da 138 a141 del Codice Ambiente, sono “considerate come quadri”, e comprendono pure “quei punti di vista o di belvedere, accessibile al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze” (cfr. art. 136 lett. d del Codice), tale concezione non può non essere comune a quelle più specifiche bellezze panoramiche (come le montagne oltre i 1200 mt) che, nell’ambito della categoria, si individuano per essere dichiarate di notevole interesse pubblico per definizione legislativa, senza cioè che occorra la apposizione del decreto di vincolo; in altre parole, nessuna “ratio” potrebbe giustificare una protezione minore per quelle tutelate “ope legis”, rispetto a quelle vincolate con apposito D.M.
Per le stesse ragioni, esse (le montagne per la parte eccedente i 1200 mt. s.l.m.) sono anche oggetto della speciale ulteriore forma di tutela (indiretta), prevista dall’art. 152 del Codice ambiente, nei confronti di “condotte e impianti industriali e di palificazioni … in vista delle aree indicate alle lettere c) e d) dell’art. 136”, con “la facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le varianti, le quali … valgano ad evitare pregiudizio ai beni protetti da questo titolo”.
Che la norma riguardi anche i beni protetti “ex lege” (ex art. 142) è confermato dal suo secondo comma, che, pur non modificando l’ambito di estensione oggettivo della tutela ma recando solo una mera disposizione procedimentale (“la Regione consulta preventivamente le competenti soprintendenze”), contiene un riferimento testuale all’art. 142, nella implicita ma evidente presupposizione che anche ad esso si riferisca il precedente primo comma.
Lo conferma del resto (cfr. quarto motivo di ricorso) l’art. 14.9, punto c), del citato D.M. 10.9.2010, che prevede la obbligatoria partecipazione del MIBAC, per l’esercizio dei poteri di cui all’art. 152 del Codice ambiente, nell’ambito della Conferenza per l’autorizzazione unica degli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili, ogni qual volta l’impianto da realizzare sia localizzato” in aree contermini a quelle sottoposte a tutela ai sensi del D. lgs. 42/04”, senza distinguere affatto tra vincoli “ope legis” (ex art. 142) e vincoli imponibili con D.M. (ex art. 136).
Anche sotto tale profilo, dunque, l’indagine sull’impatto visivo, che la Soprintendenza ha svolto nell’ottica di protezione delle visuali della (e dalla) vicina area protetta del Monte Fumaiolo(D.M. 30.12.97), doveva essere estesa alla protezione delle visuali del (e dal) Poggio della Biancarda oltre quota 1200 mt. e cime circostanti, benché i basamenti delle torri siano posizionati appena sottoquota. Tale omissione integra un chiaro difetto dell’istruttoria dovuta, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 152 del Codice ambiente, anche se fosse vera la affermazione che il parco eolico non insista in area vincolata ex art. 142, 1° comma, lett d), bensì soltanto in area contermini e in vista della stessa come ritengono i resistenti.
Invece tale indagine è stata limitata (come è agevole rilevare dalla lettura dei pareri 16.2.11 e 9.2.12 della Soprintendenza) alla adiacente area del Monte Fumaiolo, oggetto di tutela specifica ex D.M. 30.12.97 ai sensi dell’art. 136 lett d) del D.Lgs. 42/04 e quindi della tutela indiretta ex art. 152, mentre la Soprintendenza ha ritenuto erroneamente di esserne dispensata con riguardo al Poggio della Biancarda, solo perché i basamenti di tutte le 13 torri sono posizionati poco al di sotto della quota altimetrica dei 1200 metri sul livello del mare, e quindi in area ritenuta non tutelata dall’art. 142.
Si noti che sul progetto originario la Soprintendenza, ritenendosi abilitata ad esercitare i suoi poteri perché alcune torri fondavano oltre i 1200 mt s.l.m., aveva espresso un parere fortemente negativo in data 14.1.2010 sullo specifico aspetto delle visuali del Poggio della Biancarda, aspetto poi tralasciato, come si è visto, sull’erroneo presupposto che lo spostamento di pochi metri al di sotto la dispensasse da tale esercizio di potere (il che non è – ripetesi – sia perché le torri si trovano ugualmente in area vincolata ex art. 142, 1° c., lett. d) Codice Ambiente, sia perché, comunque, tale area è oggetto della tutela indiretta ex art. 152 dello stesso codice ed art. 14 D.M. 10.9.2010).
Tale erroneo presupposto vizia l’intero procedimento (in via diretta il parere della Soprintendenza e in via derivata gli atti successivi) e comporta l’accoglimento del motivo primo aggiunto (violazione art.142 D.Lgs. 42/04 e travisamento), secondo (contraddittorietà con precedente parere), quarto (violazione D.M. 10.9.10) e terzo (difetto di istruttoria).
Tale soluzione sconta evidentemente il rigetto delle eccezioni di inammissibilità per tardività, difetto di legittimazione delle ricorrenti e sconfinamento nel merito insindacabile.
In particolare: - la notificazione dei motivi aggiunti avverso la DGP 121/12 è avvenuta il 22.6.12, ovvero entro il termine decadenziale rispetto alla pubblicazione sul BUR. n.71 del 26.4.12 ma non rispetto a quella sull’Albo Pretorio: secondo la concorde giurisprudenza formatasi in tema di “concorrenza di più forme di publicizzazione”, la presunzione di conoscenza opera solo dopo che tutte siano state esperite purché previste dalla legge (cfr. Cons. Stato 2615/05, art. 16/3° c. L.R. 9/99 e art. 27 D.Lgs. 152/06);
- la legittimazione delle associazioni di protezione ambientale nazionale, individuate con DM Ambiente 20.2.87 ex art 13 legge n.349/86, è pacifica in giurisprudenza e fonda sull’art. 18, comma 5, della medesima legge;
- la censura esaminata ed accolta non involge alcuna interferenza con valutazioni e scelte di merito dell’amministrazione, limitandosi a verificare la erroneità di un presupposto in diritto, la erronea interpretazione di norme di legge, e la omissione di una istruttoria doverosa.
Conclusivamente, il ricorso per motivi aggiunti va accolto con assorbimento dei motivi non esaminati.
Le spese del giudizio vanno compensate, atteso il carattere interpretativo della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda), Bologna, pronunziando in via definitiva sul ricorso in epigrafe, così dispone:
- dichiara improcedibile il ricorso introduttivo;
- accoglie i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla tutti gli atti con essi impugnati;
- compensa integralmente le spese tra tutte le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Mozzarelli, Presidente
Bruno Lelli, Consigliere
Alberto Pasi, Consigliere, Estensore

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